Storie dalla Bibbia: Dio Yahweh, perché non hai salvato il popolo d'Israele? | Ufo e Alieni
Ven. Apr 19th, 2024

«Alla tua discendenza io (Yahweh, nda) do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate».  Con queste parole ha inizio il patto che legò gli Israeliti al loro dio, Yahweh. Patto di natura bellica, poiché indicava l’ampiezza del territorio che il popolo di Israele sarebbe riuscito a conquistare se fosse rimasto fedele al proprio dio.

Yahweh promette: per voi il mondo intero!

Dio Yahweh

Il testo biblico racconta che Yahweh poteva disporre di tutta la terra, essendo di sua proprietà. È curioso però notare come l’attenzione divina si focalizzi su una particolare zona dell’ecumene, quella che comprende la Mesopotamia e il grande Egitto.

La motivazione di tale orizzonte limitato si trova negli occhi degli autori biblici: esso era il solo mondo conosciuto, altro non esisteva, altro non importava.

Ciò aiuta a comprendere l’entusiasmo della promessa di Yahweh che, in buona sostanza, garantiva di dare in mano al popolo eletto“il mondo intero”. In realtà la storia dimostra che Yahweh fu anticipato e sconfitto. Infatti un altro popolo, guidato da un altro dio, realizzò l’impresa che al Dio Onnipotente non riuscì mai.

I fatti di cronaca nella Bibbia

Come sappiamo, la Bibbia non è un testo di storia in senso accademico, tuttavia presenta al suo interno alcuni elementi di cronaca verificabili con fonti extrabibliche. La caduta dei regni di Giuda e di Israele rientra in questa tipologia di eventi.

Il contesto storico è quello del I millennio a.C., l’area del Vicino Oriente è teatro dell’ascesa di grandi popoli: Babilonesi, Assiri, Ittiti, Cassiti. Nella fascia costiera più a ovest che si affaccia sul mar Mediterraneo i due piccoli regni di Israele e di Giuda vengono travolti dalle campagne espansionistiche degli Assiri e dei Babilonesi.

Il libro Due dei Re riporta:

  1. «Nell’anno nono di Osea il re d’Assiria occupò Samaria, deportò gli Israeliti in Assiria […]».
  2. «In quel tempo gli ufficiali di Nabucodònosor, re di Babilonia, salirono a Gerusalemme e la città fu assediata. Il re asportò di là tutti i tesori del tempio del Signore e i tesori della reggia; fece a pezzi tutti gli oggetti d’oro che Salomone, re d’Israele, aveva fatto nel tempio del Signore, come aveva detto il Signore. Deportò tutta Gerusalemme, cioè tutti i comandanti, tutti i combattenti, in numero di diecimila esuli, tutti i falegnami e i fabbri; non rimase che la gente povera della terra. Deportò a Babilonia il re, la madre del re, le mogli del re, i suoi cortigiani e i nobili del paese. Inoltre tutti gli uomini di valore, in numero di settemila, i falegnami e i fabbri, in numero di mille, e tutti gli uomini validi alla guerra, il re di Babilonia li condusse in esilio a Babilonia».

Gli eventi citati sono accaduti realmente: il primo attorno al 722 a.C.; il secondo nel 587 a.C. e sono noti rispettivamente come l’esilio assiro e l’esilio babilonese. Le ripercussioni sociali, politiche e religiose prodotte s’impressero a fuoco nella memoria storica.

I re del terrore: la ferocia del dio Assur

dio Assur

Nel I millennio a.C. il regno Neo-assiro, sito nell’ Iraq settentrionale, era in piena espansione territoriale. I sovrani assiri avvertivano come una minaccia l’esistenza di stati limitrofi indipendenti, per questo si adoperarono per includerli tramite vassallaggio nella loro sfera d’influenza.

La ferocia dei metodi utilizzati e la spietatezza innanzi alle città riluttanti sono divenute note. La prassi era la seguente: aggressione, saccheggio di ogni bene, distruzione del rimanente, sterminio di parte della popolazione e deportazione della restante. Quella attuata era una lucida tattica psicologica del terrore che mirava a indebolire la speranza di una vittoriosa opposizione, la quale si rivelò efficace.

Quando il re assiro scendeva in battaglia alla testa dell’esercito con armi di ferro e carri da guerra incuteva gran timore; egli cessava di essere solo un uomo per divenire “Iššakku di Assur” ossia il rappresentante del dio Assur, il quale lo aveva investito di un compito ben preciso: «col tuo giusto scettro allarga il paese! E Assur ti darà autorità e obbedienza».

Innanzi all’esercito in marcia vi era lo stendardo del dio (materializzazione simbolica della divinità sul campo di battaglia) mentre dal capo del re si irraggiava un “alone luminoso” terrorizzante, (effetto psicologico): il nemico non aveva scampo. Il panico spingeva alla ritirata o ad un folle assalto che terminava in un bagno di sangue.

Il re Assurnasirpal II utilizzava la seguente formula introduttiva nel resoconto delle sue campagne militari:

«Quando Assur, il mio grande signore, chiamò il mio nome per fare la mia signoria superiore a quella di tutti i re delle quattro parti del mondo, e pose la sua arma spietata nelle mie mani regali, mi comandò di governare e sottomettere».

Il popolo eletto incontra il dio Marduk: la cattività babilonese

dio Marduk

La fame assira di terre e tesori raggiunse nel 738 a.C. il popolo eletto. Re Tiglatpileser III occupò la Filistea, la Giordania e il regno di Israele, conquistando tutte le terre dal sorgere al tramontare del sole e installando governatori in posti dove i carri degli antenati non erano mai giunti.

Re Sargon II completò l’opera di conquista con l’assedio e la distruzione di Samaria, capitale del Regno di Israele. Come da consuetudine, parte della popolazione vinta fu deportata in altri territori, verso la Mesopotamia del nord, e nuove genti furono fatte insediare nei territori di Israele.

Un’iscrizione fatta incidere dal sovrano riporta che circa 30.000 persone furono costrette a lasciare la loro terra e condotte altrove; si tratterebbe delle “dieci tribù perdute di Israele” che non vennero sterminate in senso fisico, ma annullate dal punto di vista culturale e religioso poiché fuse con altre realtà sociali.

Il resto del popolo del regno di Israele rimase e fu probabilmente resa serva dei nuovi padroni coi quali col tempo si mischiò, formando i Samaritani.

Quando nel 612 a.C. l’astro assiro tramontò, il suo posto fu preso dall’impero Neo-babilonese che con il re Nabuconodosor II, sotto l’egida del dio Marduk, raggiunse il massimo splendore facendo suoi i territori che comprendevano la Palestina, la Fenicia e la Mesopotamia.

La distruzione di Gerusalemme, capitale del Regno di Giuda, avvenne nel 587 a seguito dell’ennesimo tentativo di rivolta anti-babilonese. La conseguenza è nota come “cattività babilonese” che durò sino al decreto del re persiano Ciro II il Grande del 538 a.C. Dopo questo evento, molti Israeliti non fecero mai ritorno nella “terra promessa”.

Coloro che rientrarono si assunsero il compito di rielaborare i drammatici eventi storici per i quali era necessario trovare una motivazione.

Dio Yahweh, perché non hai salvato il tuo popolo?

In effetti c’era da chiedersi come mai il loro dio Yahweh, Signore della guerra, non avesse protetto e salvato il popolo dall’invasione di genti straniere.

La risposta è negli eserciti. Gli Assiri prima e i Babilonesi poi erano semplicemente più potenti, meglio addestrati e armati. All’ombra degli stendardi divini di Assur o Marduk, combattevano soldati guidati da generali e sovrani che, come nel caso di Tiglatpileser III, erano ben consapevoli di essere gli unici artefici di quei successi.

Le “potenti azioni di Assur” non venivano dimenticate ma il riconoscimento divino si andava affievolendosi in favore di un accentramento autocelebrativo. Mani umane brandivano spada e arco, menti umane progettavano assalti.  E sempre solo un uomo realizzò il progetto divino di Yahweh. Re Sargon II, sotto il vessillo di Assur, estese il dominio assiro dall’Egitto sino all’Eufrate.

Il popolo ha tradito, e Yahweh ha punito!

Le tribù dei Regni di Israele e di Giuda, che si difendevano nel nome di Yahweh, soccomberono essendo inferiori sul piano militare. Ma le conseguenze politiche di quegli eventi, che possono essere definiti apocalittici per coloro che li vissero, non tardarono a rivelarsi.

Gli esuli di Babilonia, rientrati a Gerusalemme, si adoperarono per rileggere quanto accaduto in chiave provvidenziale. Il senso di smarrimento, la delusione, la frustrazione dovevano essere incorniciati in una visione più ampia, in cui fosse chiaro che la responsabilità della disfatta era umana e non divina.

Yahweh, nelle parole dei redattori biblici che si impegnarono nella stesura, non era inferiore a nessun’altra divinità.

Ma era stata tradita dal popolo che, ingrato e arrogante, si era inginocchiato al servizio di altri dèi. Per questo Yahweh aveva lasciato che il popolo fosse punito. Un po’ come dire “chi la fa, l’aspetti”. In quest’ottica trova spiegazione la definizione di Ciro II di Persia come messia di Israele, avendo egli concesso agli Israeliti di lasciare Babilonia e ritornare nelle terre natie.

Come Yahweh diventò spietato e brutale

Nella fase post-esilio è da ricercare l’elaborazione stessa della figura del dio di Israele. Le vicende belliche e le esperienze culturali vissute a contatto di popolazioni come gli Assiri, gli Egizi e i Babilonesi hanno influenzato la costruzione della figura di Yahweh, sorta di divinità composita, frutto di un lungo e complicato processo di teocrasia.

Sembra di poter rintracciare nel profilo caratteriale del dio israelita le stesse peculiarità belliche che connotano Assur e Marduk: brutalità, ferocia, desiderio di conquista ecc.

A mio avviso il contesto culturale, in cui piccoli e grandi regni del Vicino Oriente si svilupparono, portò all’elaborazione di divinità guerriere similari tra loro, in quanto specchio della società umana. Le condizioni di vita e il codice di condotta bellico, improntato alla razzia più spietata e all’omicidio senza mezzi termini, generarono l’idea di un dio della guerra (nonché Creatore dei Cieli e della Terra e di ogni essere vivente) che incarnasse i medesimi requisiti.

La brutalità di Yahweh raccontata con parole dure e terribili, poiché il dio votò allo sterminio ogni città, uomini, donne e bambini senza lasciare in vita alcun superstite, era l’aggressività delle tribù seminomade del territorio Siro-palestinese, impegnate in una campagna disordinata per la razzia di villaggi e città.

Il piccolo dio di Israele, geloso degli altri dèi, era la voce di un piccolo gruppo etnicopressato dai grandi imperi circostanti, nei confronti dei quali si sentiva perennemente inferiore.

Yahweh, e la battaglia per la longevità

Nello scontro diretto con Assur e Marduk, Yahweh perse: i suoi regni furono smembrati, il suo popolo umiliato. Da un punto di vista puramente tattico-militare è stato certamente così, i fatti storici hanno dimostrato la superiorità degli eserciti Assiri e Babilonesi sulle tribù israelitiche.

Tuttavia il sacerdozio gerosolimitano ed il Cristianesimo hanno fatto vincere a Yahweh la battaglia sulla longevità, rendendolo a parole l’Unico Vero Dio; tant’è che oggi quasi due miliardi di persone nel mondo lo pregano quale Eterno, Onnipotente e Onnisciente.

Mentre gli altari di Assur e Marduk giacciono in rovina, nelle chiese edificate per Yahweh risuonano le invocazioni e le suppliche a compiere miracoli, vendette e conquiste, esattamente come 2500 anni fa; i fedeli forse ignorano che la forma divina “Yahweh” in origine era oggetto di un culto militare, in cui confluirono per scelte umane aspetti salienti di culti bellici assiro-babilonesi.

Alla fine la storia, come le divinità, è fatta dagli uomini.

di Stefania Tosi, autrice di Yahweh, il dio della guerra Il falso dio. Laureata in Storia, è docente di materie umanistiche, ricercatrice indipendente, studiosa di storia antica e di mitologia. Da più di dieci anni si occupa di storia dell’Antico Egitto e dei testi sacri egizi a cui ha successivamente affiancato l’analisi dei testi biblici.
Fonte: Unoeditori

A cura di Ufoalieni.it

Di ufoalieni

Da oltre dieci anni mi appassiona scrivere di civiltà antiche, storia, vita aliena e altri temi affascinanti. Sono curioso di natura e cerco sempre di approfondire le mie conoscenze attraverso la lettura, la ricerca e l'esplorazione di nuovi campi di interesse. Con il mio sito, voglio condividere la mia passione e stimolare la vostra curiosità verso il mondo che ci circonda.

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