La NASA distrugge nastri e computer delle missioni Apollo
Lun. Mag 12th, 2025

Nel 2015, un evento che potrebbe sembrare insignificante ha suscitato interrogativi sulla conservazione della memoria storica e sulla gestione dei materiali scientifici: la NASA ha distrutto oltre 300 nastri magnetici e due computer delle missioni Apollo.

Ma perché è stata presa questa decisione? E cosa si rischia quando materiali così significativi vengono eliminati senza una revisione più approfondita? Questa scelta continua a generare domande sul valore storico e scientifico di quei documenti.

Il ritrovamento nella cantina IBM

Tutto è iniziato con un ritrovamento casuale: in una cantina di Pittsburgh, un rivenditore di materiale elettronico ereditò da un ingegnere IBM ormai defunto una vasta quantità di apparecchiature. Tra queste figuravano due massicci computer contrassegnati come proprietà del Goddard Space Flight Center della NASA e numerose bobine di nastro magnetico.

Vecchio computer NASA scoperto in una cantina
Uno dei grandi computer NASA dell’era Apollo, rinvenuto in una cantina americana dopo oltre 40 anni. L’etichetta ne certifica la provenienza dal Goddard Space Flight Center.

I computer erano stati ottenuti legalmente: secondo i documenti, l’ingegnere li aveva ricevuti direttamente da IBM quando l’azienda, nel pieno degli anni della corsa allo spazio, stava dismettendo hardware obsoleto. La loro provenienza era inequivocabile, e alcuni dispositivi riportavano anche etichette che riconducevano al Jet Propulsion Laboratory.

Nel dicembre del 2015, in un gesto di coscienza, il rivenditore contattò la NASA per restituire i materiali. La risposta dell’agenzia fu netta: i computer erano troppo ingombranti da spostare senza attrezzature specifiche, e i nastri, ritenuti inutili, furono destinati alla distruzione.

Valutazione NASA: degrado e rischio

Un archivista del Goddard Space Flight Center condusse una valutazione dettagliata, confermando la presenza di circa 325 bobine di nastro magnetico da 14 pollici di diametro, molti dei quali in pessime condizioni fisiche. La maggior parte dei nastri presentava segni di muffa avanzata, rendendoli un potenziale rischio per la salute. Inoltre, molti non erano etichettati o riportavano informazioni frammentarie.

Tuttavia, tra quelli identificabili figuravano dati relativi a importanti missioni spaziali, come:

  • Pioneer 10 e 11, esplorazioni storiche di Giove e Saturno
  • Helios, progetto congiunto NASA-Germania per lo studio del Sole
  • Alcune bobine riferite al satellite Intelsat IV
  • Oltre 200 bobine prive di identificazione chiara

La mancanza di metadati contestuali, ovvero informazioni su come, quando e perché quei dati erano stati registrati, ha contribuito alla decisione finale: nessun elemento presente suggeriva un valore storico tale da giustificarne la conservazione.

Contratti mancanti e misteri

Etichetta NASA con numero contratto NAS5-2154 su hardware Apollo
Primo piano dell’etichetta su un componente NASA, con riferimento al contratto NAS5-2154 datato 1962. Secondo i documenti, questo numero non risulta nei registri ufficiali.
Nastri NASA conservati in sacchi sotto scala in cantina
Materiali NASA, probabilmente nastri magnetici, scoperti in sacchi all’interno di una cantina sotto una scala, accanto a scaffalature.

Un ulteriore elemento ha riacceso il dibattito pubblico: uno dei due computer era etichettato con un numero di contratto (NAS5-2154) che non risulta in alcun archivio federale esistente. Questo dettaglio, riportato anche dal The Sun, ha dato ulteriore linfa alle speculazioni.

Se da un lato si tratta probabilmente di una documentazione smarrita nel tempo o mai digitalizzata, dall’altro questo “vuoto amministrativo” ha generato nuove teorie su presunti progetti segreti o dati nascosti.

La memoria pubblica ritorna così a una vicenda nota: la cancellazione da parte della NASA dei nastri originali dell’allunaggio dell’Apollo 11, un evento che ancora oggi viene citato come esempio emblematico di negligenza documentale o, secondo alcuni, di deliberata rimozione di prove.

Perché la NASA ha distrutto tutto?

Il giudizio espresso nel rapporto interno NASA è inequivocabile. I nastri erano:

  • In condizioni fortemente deteriorate
  • Non catalogati in modo utilizzabile
  • Privi di metadati sufficienti per una loro contestualizzazione scientifica
  • Potenzialmente dannosi per la salute a causa della contaminazione da muffe

Inoltre, secondo il parere dei tecnici e degli archivisti coinvolti, la probabilità di recuperare dati leggibili e significativi era estremamente bassa.

Non c’è alcuna prova che suggerisca che questo materiale sia storicamente significativo,” ha dichiarato l’archivista incaricato. “La mancanza di informazioni sul contenuto, unita allo stato di degrado e al rischio per la salute, rende necessaria l’eliminazione immediata.

Altri dati spaziali scomparsi

La distruzione dei nastri Apollo non è un caso isolato. Nel 1990, ad esempio, andarono persi alcuni dei dati originali del progetto Viking, la prima missione della NASA a toccare il suolo marziano, compromettendo analisi successive sulla possibile presenza di composti organici.

Anche parte dei dati delle missioni Pioneer e delle prime osservazioni di Hubble sono risultati inaccessibili a causa di obsolescenza tecnologica o scarsa catalogazione. Questi episodi evidenziano una fragilità sistemica nella gestione del patrimonio informativo legato all’esplorazione spaziale.

Il valore (perduto) della storia spaziale

L’intera vicenda solleva una domanda non banale: come valutiamo il valore storico dei dati scientifici, soprattutto in un’epoca in cui l’informazione si deteriora più rapidamente dei supporti fisici che la contengono?

Nel mondo della conservazione digitale, la decontestualizzazione di un dato è spesso più pericolosa della sua scomparsa. Un nastro senza etichetta, senza riferimenti temporali o contrattuali, diventa un oggetto muto, difficile da interpretare e quindi da valorizzare.

Cassini si immerge tra gli anelli di Saturno
La sonda Cassini esplora la regione tra gli anelli di Saturno. I dati di una missione degli anni ’70, invece, sono andati perduti. Crediti: NASA
Le quattro lune di Giove e Saturno ritratte nel 1979
I file mostrano Saturno e Giove con le loro quattro lune principali, osservati nel 1979. Crediti: Exclusivepix Media
Sonda Juno della NASA in orbita attorno a Giove
La NASA sta monitorando Giove con la sonda spaziale Juno. Crediti: PA:Press Association

Allo stesso tempo, ogni distruzione di materiale d’archivio legato alle missioni spaziali, specialmente se comunicata a posteriori, rischia di alimentare sfiducia, ipotesi sospette e la sensazione che qualcosa venga deliberatamente celato.

Occasione persa o scelta razionale?

C’è chi sostiene che un recupero sistematico e moderno di quei dati avrebbe potuto offrire nuove prospettive storiche e scientifiche, magari grazie alle tecnologie di intelligenza artificiale oggi disponibili. Altri ritengono che, viste le condizioni, si trattasse semplicemente di un recupero economicamente e scientificamente insostenibile.

Resta il fatto che quei nastri, e le informazioni che contenevano, non esistono più. E con essi, forse, un altro frammento della storia umana nello spazio è stato perduto per sempre.

A cura di Singolaris

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Riferimenti:

  • Ars Technica – Articolo che descrive il ritrovamento di computer e nastri della NASA in una cantina.
  • Wikipedia – I nastri mancanti dell’Apollo 11
  • Space.com – La NASA e i “nastri perduti” dell’Apollo 11

Di Singolaris

Da oltre dieci anni mi dedico alla ricerca e alla divulgazione su tecnologie emergenti, intelligenza artificiale, ufologia e scienza. Con Singolaris voglio offrire un punto di riferimento per chi desidera approfondire questi temi con un approccio serio e documentato.

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