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Ritorna con la mente al 20 luglio 1969: il mondo, ipnotizzato davanti a schermi in bianco e nero, ascoltava Neil Armstrong pronunciare “Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità”. Con la missione Apollo 11, l’umanità toccava il suolo lunare, coronando un sogno antico. Ma dopo Apollo 17 nel 1972, il satellite terrestre è rimasto deserto. Perché non siamo più tornati sulla Luna?
La nostra attenzione si è spostata altrove: dall’esplorazione di Marte alla costruzione della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), nuovi orizzonti hanno catturato l’immaginario collettivo e le risorse globali.
In questo articolo, esploreremo in profondità i motivi che ci hanno tenuto lontani dalla Luna: dai costi astronomici alle sfide tecnologiche, fino alle priorità politiche che hanno guidato le scelte dell’umanità. Getteremo anche uno sguardo al futuro, analizzando come le missioni lunari stiano tornando al centro della scena e perché potrebbero essere la chiave per il prossimo grande passo nello spazio.
La Guerra Fredda e la corsa alla Luna
Il ritorno sulla Luna non può essere compreso senza guardare al passato. Nel 1961, il presidente statunitense John F. Kennedy lanciò una sfida epocale: portare un uomo sulla Luna entro la fine del decennio.
Era il culmine della Guerra Fredda, una corsa allo spazio alimentata dalla rivalità con l’Unione Sovietica, che aveva già stupito il mondo con il lancio di Sputnik nel 1957.
Il programma Apollo nacque da questa competizione geopolitica, ma quando la tensione tra le due superpotenze si allentò negli anni ’70, la spinta politica per continuare le missioni lunari svanì, lasciando spazio ad altre priorità.
Perché non siamo più tornati sulla Luna?
Le ragioni del nostro “abbandono” della Luna sono complesse e intrecciano fattori economici, tecnici e politici. Dopo il trionfo di Apollo, tornare sulla Luna non è stato più una priorità. Vediamo perché.
Costi proibitivi dell’esplorazione lunare
Mettere piede sulla Luna ha richiesto investimenti enormi. Il programma Apollo costò circa 25,8 miliardi di dollari dell’epoca, una cifra che, ajustata per l’inflazione, equivale oggi a circa 320 miliardi di dollari. Ogni missione dipendeva da razzi imponenti come il Saturn V, anni di sviluppo tecnologico e il lavoro di migliaia di persone, tra ingegneri e astronauti.
Negli anni ’70, con la Guerra Fredda che perdeva slancio, gli Stati Uniti spostarono l’attenzione su priorità interne più pressanti, come il conflitto in Vietnam e la crisi economica. Questo cambio di focus, unito a una minore urgenza di competere con l’Unione Sovietica, ridusse la spinta per nuove missioni lunari, favorendo progetti più pratici come gli space shuttle.
Oggi, i costi restano una barriera. Anche con tecnologie più avanzate, una missione lunare moderna richiede investimenti enormi per sviluppare veicoli, tute spaziali e infrastrutture. La cooperazione internazionale potrebbe alleggerire il peso, ma spesso gli interessi nazionali e le burocrazie rallentano i progressi. Insomma, tornare sulla Luna è una questione di portafoglio tanto quanto di volontà.
L’ambiente ostile della superficie lunare
La Luna non è un luogo ospitale. Chiunque voglia tornarci deve confrontarsi con un ambiente ostile per uomini e macchine. Le radiazioni cosmiche e solari, senza il filtro di un’atmosfera, bombardano la superficie lunare, mettendo a rischio la salute degli astronauti e l’integrità delle attrezzature.
La microgravità, un sesto di quella terrestre, ha effetti a lungo termine su ossa e muscoli, rendendo necessaria una preparazione fisica estrema. Poi ci sono i micrometeoriti, minuscoli proiettili naturali che viaggiano a velocità altissime, capaci di perforare materiali non adeguatamente protetti.
Costruire una base lunare significherebbe anche sviluppare sistemi per generare energia (probabilmente solare), estrarre risorse come il ghiaccio d’acqua dai crateri polari e gestire rifiuti in un ambiente senza atmosfera.
Questi ostacoli richiedono innovazioni che, negli anni post-Apollo, non sono state una priorità. Abbiamo preferito studiare la Luna da lontano, con sonde e rover, piuttosto che affrontarla di persona.
Artemis: il nuovo capitolo lunare

Anche altre potenze spaziali sono in azione. La China National Space Administration (CNSA) sta pianificando una base robotizzata entro il 2030, mentre società private come SpaceX, guidata da Elon Musk, stanno rivoluzionando il settore con progetti ambiziosi per avamposti permanenti e viaggi lunari regolari.
L’Europa, meanwhile, contribuisce attivamente al Lunar Gateway, una stazione spaziale in orbita lunare che sarà un punto chiave per le missioni future.
Ma cosa è cambiato rispetto al passato? La risposta sta in una combinazione di progressi tecnologici e nuove visioni strategiche. I rivoluzionari razzi riutilizzabili hanno drasticamente abbattuto i costi di accesso allo spazio, mentre i recenti sviluppi nella robotica e nell’automazione promettono di costruire infrastrutture lunari in modo più efficiente.
Inoltre, la Luna non è più vista solo come una destinazione finale, ma come un trampolino fondamentale per l’esplorazione di Marte e oltre, dove testare tecnologie e strategie in un ambiente relativamente vicino.

Un altro fattore cruciale è la scoperta di preziose risorse lunari, come l’elio-3, un isotopo raro sulla Terra ma potenzialmente rivoluzionario per la futura energia da fusione nucleare. Queste risorse stanno attirando un crescente interesse economico. Tuttavia, il vero segreto del successo risiederà nella collaborazione internazionale.
Progetti come il Lunar Gateway, sviluppato dalla NASA insieme a partner europei, canadesi e giapponesi, dimostrano che unire competenze e risorse è la strada maestra. Il primo modulo di questa avveniristica stazione spaziale lunare, chiamato HALO, dovrebbe essere lanciato già nel 2025, diventando un hub vitale per gli astronauti diretti verso la superficie.
Se le nazioni sapranno superare le rivalità e lavorare insieme, la Luna potrebbe presto trasformarsi da remoto obiettivo in una seconda casa temporanea per l’umanità, aprendo le porte a una nuova era di esplorazione spaziale.
Conclusione: verso una presenza permanente
Riconquistare la Luna non è mai stato semplice: le sfide tecnologiche, le complessità ambientali e le scelte politiche ci hanno tenuti lontani per oltre mezzo secolo. Eppure, oggi, con tecnologie all’avanguardia come i razzi riutilizzabili e un interesse globale in crescita, quel sogno sembra più vicino.
Le missioni lunari non rappresentano solo un simbolo, ma una porta verso scoperte scientifiche, risorse preziose e il futuro dell’esplorazione di Marte e oltre. Lo sapevi che solo 12 esseri umani hanno lasciato le loro impronte sul suolo lunare? Questo numero minuscolo ci ricorda l’eccezionalità di quell’impresa e l’immensità di ciò che resta da fare.
Con la collaborazione internazionale e la volontà giusta, la Luna potrebbe presto diventare non solo una meta, ma un trampolino per le stelle. E tu, credi che siamo pronti a fare quel prossimo passo?
A cura di Singolaris
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- Royal Museums Greenwich. (s.d.). Perché abbiamo smesso di andare sulla Luna? https://www.rmg.co.uk/stories/topics/why-did-we-stop-going-moon
- Nature. Cinquanta’anni dopo, perché tornare sulla Luna?
https://www.nature.com/articles/d41586-022-04425-6 - Focus. (s.d.). Perché tornare sulla Luna è difficile?
https://www.focus.it/scienza/spazio/perche-tornare-sulla-luna-difficile
[…] i numerosi misteri associati alla nostra Luna, il cosiddetto “lato oscuro della Luna” non è affatto un mistero. La Luna mostra […]
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