Nella tradizione religiosa, specialmente nelle sue espressioni più diffuse, si riscontra la presenza di vari ordini di angeli, distinti tra loro per la posizione gerarchica e per le funzioni che svolgono. Ciascuno di questi ordini angelici è dotato di particolari attributi divini come la luce, la saggezza o la bontà, e ha il compito di trasmettere tali doni all’umanità. Insieme, queste entità formano nove Cori angelici, suddivisi in tre principali Gerarchie:
- La Prima Gerarchia, o Gerarchia Suprema, comprende i Serafini, i cherubini e i Troni.
- La Seconda Gerarchia, o Gerarchia Media, è costituita da Dominazioni, Virtù e Potestà.
- La Terza Gerarchia, o Gerarchia Inferiore, include i Principati, gli Arcangeli e gli Angeli.
Di particolare interesse per questa analisi, nell’Antico Testamento, sono gli Angeli (in ebraico malakhìm) e i cherubini (in ebraico kerubim), figure che ricoprono ruoli fondamentali nella narrativa biblica.
I cherubini: Guardiani dell’Eden
Il Paradiso Terrestre, noto nella Bibbia come Gan Eden, è descritto come un “luogo recintato e protetto”. Il termine “gan”, in ebraico, implica proprio l’idea di uno spazio chiuso, simile al concetto iranico di “pairidaeza” (giardino recintato), che attraverso le lingue greca e latina ha dato origine al termine “paradiso”.
Secondo alcune interpretazioni, l’Eden potrebbe essere stato visto non solo come un giardino divino, ma anche come un centro di comando, un luogo scelto dagli elohim come base operativa per la creazione e gestione della vita sulla Terra. Gli esseri umani, rappresentati da Adamo ed Eva, erano stati collocati lì per prendersi cura di questo giardino, che la Bibbia descrive come un luogo dove si coltivavano piante e si allevavano animali di ogni specie.
Dopo la trasgressione di Adamo ed Eva, che portò alla loro cacciata dall’Eden, la Bibbia narra che all’ingresso del giardino furono posti i guardiani come custodi. Questo particolare ci suggerisce che l’Eden avesse una singola entrata ben definita.
Il fatto che fosse necessario un ingresso protetto dai cherubini ci porta a riflettere sull’idea di Eden come luogo fisico piuttosto che una pura dimensione celestiale. Da una prospettiva teologica, sembra paradossale immaginare un Dio onnipotente e onnipresente che avesse bisogno di proteggere il suo regno da intrusioni indesiderate.
I cherubini di Ezechiele e l’enigmatico reperto di Toprakkale
I cherubini biblici, a differenza di quanto spesso sostenuto dalla tradizione, non corrispondono esattamente all’immagine di angeli eterei appartenenti alla gerarchia suprema. Secondo alcune interpretazioni, non sarebbero stati altro che macchine, dotate di ruote e caratteristiche meccaniche, come emerge da diversi passaggi biblici. Filologi ebrei hanno suggerito che questa conoscenza sia sempre stata nota all’interno della tradizione ebraica, dove i guardiani vengono persino definiti “robot”.
Un esempio interessante a sostegno di queste teorie è rappresentato dal ritrovamento del reperto di Toprakkale nel 1995, una statuetta di argilla lunga circa 22 cm, conservata presso il Museo Archeologico di Istanbul, ma non esposta al pubblico. Questo reperto, datato approssimativamente a 3000 anni fa, raffigura un uomo seduto in quella che appare come una sorta di macchina, simile nella descrizione ai custodi del libro di Ezechiele.
In particolare, il testo biblico descrive queste entità come su cui ci si siede, simili a un cavallo, e dotate di ruote concentriche, un’immagine che la statuetta di Toprakkale sembra evocare con precisione.
Il reperto è stato oggetto di controversie, e alcuni studiosi hanno tentato di etichettarlo come un falso. Tuttavia, non è stato possibile dimostrare tale ipotesi con certezza, e, al contempo, nessuno tra gli accademici si è assunto la responsabilità di fornirne una datazione ufficiale. Ciò potrebbe implicare una riluttanza ad ammettere l’esistenza di macchine volanti monoposto intorno al 1000 a.C., come ipotizzato da alcune interpretazioni.
Le caratteristiche meccaniche dei cherubini nella Bibbia
Le descrizioni dei cherubini nell’Antico Testamento presentano una serie di caratteristiche tecniche che sembrano alludere a macchine piuttosto che a figure angeliche. Come osservato dallo studioso Mauro Biglino, i passi biblici delineano questi esseri come entità prive di autonomia, senza relazioni con gli esseri umani, incapaci di parlare o prendere decisioni. Questa mancanza di interazione personale è un chiaro segno della loro natura meccanica.
Alcuni tratti distintivi emergono dai testi sacri:
- I vigilanti non vengono mai interpellati, non prendono decisioni autonome e non comunicano con gli esseri umani. Non sono quindi dotati di personalità propria.
- Le descrizioni bibliche sottolineano la loro meccanicità: vengono rappresentati con cerchi o lame fiammeggianti che ruotano velocemente e hanno dimensioni imponenti.
- Possono essere trasportati su carri appositamente costruiti quando non si muovono autonomamente. Le ruote possono spostarsi in ogni direzione senza mai girarsi e rimangono sempre unite all’insieme dell’oggetto volante (kevòd).
- Questi cherubini sono anche dotati di una parte centrale circolare che ruota o turbina velocemente. Quando sono collegati al carro di Yahwèh, sotto di loro c’è uno spazio sufficiente a far passare una persona.
- Possiedono strutture che si aprono e chiudono per permettere il volo e, durante il movimento, producono un rumore che può essere udito da lontano.
- Fungono da supporto su cui Yahwèh si posa, siede e vola, e si muovono insieme al kevòd (gloria) o al ruàch (spirito) di Yahwèh, ma possono anche operare in modo indipendente.
Queste caratteristiche rendono difficile associare queste entità alle figure angeliche tradizionali, eteree e spirituali, così come spesso raffigurate nelle dottrine religiose.
Angeli (malakhìm): messaggeri e intermediari tra gli Elohim e l’uomo
Gli angeli, tradotti dalla Bibbia come malakhìm, sono descritti come esseri intermediari tra Dio e l’uomo, portatori del verbo divino, ricettacoli della luce e mediatori della potenza divina. La loro funzione è quella di trasmettere la saggezza nella rivelazione dei segreti celesti, glorificare i giusti e punire gli empi, offrendo al tempo stesso un modello morale per l’umanità.
Tuttavia, ci si può legittimamente chiedere se questa descrizione corrisponda effettivamente ai messaggeri degli Elohim così come narrati nell’Antico Testamento. Se analizziamo attentamente i testi biblici, emerge una visione ben diversa: i malakhìm vengono presentati come figure con caratteristiche fisiche e comportamentali molto concrete, lontane dall’immagine di esseri spirituali.
I malakhìm nell’Antico Testamento
Il termine malakhìm significa letteralmente “messaggeri“, e nei racconti anticotestamentari vengono descritti come intermediari tra gli Elohim e gli uomini, ma con caratteristiche terrene: camminano, mangiano, bevono, dormono, si sporcano e devono lavarsi. Inoltre, possono essere aggrediti e devono difendersi, e vivono spesso in accampamenti.
In questo contesto, il termine malakhìm sembra indicare più una funzione che una specifica tipologia di esseri. Resta incerto se appartenessero a una classe diversa dagli Elohim o se occupassero un ruolo specifico all’interno della gerarchia militare o sociale di questa razza divina.
In ogni caso, i malakhìm non erano certamente creature spirituali come la tradizione teologica ha successivamente interpretato. Incontrare uno di loro non era considerato un evento piacevole, ma poteva comportare rischi, inclusa la possibilità di morire.
Conclusioni
L’analisi delle figure dei cherubini e degli angeli nell’Antico Testamento rivela una complessità spesso trascurata dalle interpretazioni teologiche più tradizionali. Piuttosto che essere esclusivamente figure spirituali, queste entità sembrano possedere caratteristiche fisiche e meccaniche, suggerendo una visione diversa del divino e del rapporto tra gli Elohim e l’umanità.
A cura di Ufoalieni.it
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Riferimenti:
- Mauro Biglino, studioso di storia delle religioni, ha ricoperto il ruolo di traduttore di ebraico antico per le Edizioni San Paolo. Da circa trent’anni si dedica allo studio dei cosiddetti testi sacri, sostenendo che solo attraverso la conoscenza e l’analisi diretta delle opere redatte dagli antichi possa emergere una comprensione autentica del pensiero religioso sviluppato dall’umanità nel corso della sua storia. È autore di numerosi bestseller, tra cui La Bibbia non è un libro sacro, Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia e Il dio alieno della Bibbia.
- La Bibbia non parla di Dio – Un libro di Mauro Biglino che propone una lettura alternativa dell’Antico Testamento, sostenendo che i testi biblici non parlano di divinità, ma raccontano eventi storici concreti. Attraverso un’analisi laica e letterale, egli suggerisce che il concetto di Dio trascendente non trova riscontro nella lingua ebraica. Il suo metodo invita a considerare la Bibbia come una narrazione “fisica” dell’origine dell’essere umano sulla Terra.
- La Bibbia non l’ha mai detto – di Mauro Biglino e Lorena Forni analizza l’influenza della cultura cattolica sulle leggi italiane, evidenziando come norme etiche siano spesso basate su interpretazioni soggettive dei testi biblici. Gli autori sostengono che uno Stato laico dovrebbe promuovere leggi laiche, senza imporre dogmi confessionali. Attraverso una traduzione rigorosa dei testi, dimostrano che le prescrizioni morali comunemente associate alla Bibbia non vi sono realmente presenti.