Sin dall’antichità i numeri hanno sempre rappresentato un elemento ricco di fascino e mistero, sia tra gli studiosi che nella cultura popolare. Da millenni alla ricerca di significati reconditi, messaggi nascosti e connessioni tra questi e gli eventi, l’uomo ha sempre prestato particolare attenzione ai numeri, interpretandoli come una sorta di codice misterioso per la comprensione dell’Universo.
Le stesse scienze trovano spesso conferma in sequenze numeriche e regole matematiche che si pongono alla base del funzionamento di tutto ciò che ci circonda, dunque sarebbe superficiale considerare i numeri come semplici convenzioni utilizzate per effettuare conteggi basilari nella quotidianità.
In realtà la numerologia, ossia la ricerca di relazioni mistiche ed esoteriche tra i numeri e tra questi e la realtà, rappresenta una delle discipline più antiche della storia umana.
Già gli antichi greci, primo fra tutti Pitagora, che considerava l’universo come un insieme di numeri dalla cui armonia discende l’origine delle cose, ponevano grande enfasi sulla lettura dei numeri e dei simboli a essi associati, mentre personaggi legati alla filosofia cristiana, come Sant’Agostino di Ippona, li consideravano come una forma di linguaggio universale creato da Dio.
Considerata successivamente come una credenza non approvata dalle autorità religiose, così come l’astrologia e la magia, la numerologia perse di significato intorno al IV secolo, pur mantenendo in segreto un elevato numero di devoti ai quali si deve il tramandamento della conoscenza alle generazioni future. L’interesse vero il simbolismo dei numeri rimase alto anche nel medioevo: ne è un esempio lampante lo stesso Dante Alighieri, che sulla numerologia ha fondato schemi e strutture descritti nella Divina Commedia.
Al numero tre è attribuito, per esempio, un significato divino, essendo rappresentazione della Trinità cristiana e associato alla perfezione, alla fede e alla conoscenza, mentre il numero nove, quadrato del numero tre, amplifica questi aspetti e viene identificato con il cambiamento, la crescita e la perfezione massima.
Tra i numeri storicamente considerati più fortunati, il sette è per Dante il numero che identifica la perfezione umana ed è per questo associato a un simbolismo religioso molto forte già nella nella Bibbia, dai giorni della creazione al numero dei Sacramenti, delle virtù celesti, dei sigilli dell’Apocalisse e finanche a quello dei vizi capitali.
L’importanza del numero sette è legata tuttavia anche ad altre culture: per Pitagora, sette è il numero perfetto; i Romani e gli Egizi contavano sette divinità; i Buddha e gli dei giapponesi della buona sorte sono sette. E non mancano, tuttavia, popolazioni per le quali lo stesso numero assume una connotazione negativa, come accade per i cinesi, i vietnamiti e i thailandesi.
D’altronde, scendendo dagli aspetti più trascendentali a quelli più terreni e umani, l’attribuzione di particolari superstizioni ai vari numeri è una consuetudine da sempre molto forte anche nella quotidianità e nel gioco, basti pensare a quanto i giocatori di casinò e, in particolare, della roulette leghino le proprie puntate al significato personale attribuito ai numeri presenti sul tavolo verde.
Volgendo lo sguardo alle arti divinatorie, invece, è interessante notare come anche le carte dei tarocchi presentino legami molto forti con la simbologia numerica, la cabala ebraica e l’alfabeto ieratico egizio, ponendo dunque come base dell’interpretazione della realtà e della lettura del futuro i messaggi numerici scambiati tra l’inconscio umano e l’Universo.
Importanti studi sulla numerologia si sono susseguiti anche nei secoli successivi: nel XVI secolo Pietro Bongo pubblicò un’enciclopedia completa sulla simbologia dei numeri, intitolata “Numerorum Mysteria. Opus maximarum rerum doctrina et copia refertum, in quo mirus in primis, idemque perpetuus Arythmeticae Pythagoricae cum Divinae Paginae numeris consensus”, mentre in tempi più recenti è stato il noto psichiatra e psicanalista Carl Gustav Jung a sottolineare l’importanza dei numeri, intesi come la più primitiva espressione dello spirito.
Proprio legandosi a queste teorie, nel 1919 egli usò per la prima volta il termine “archetipo”, identificando sotto questo nome le raffigurazioni collettive dell’incoscio, in grado di influenzare il comportamento dell’uomo. Gli archetipi sono, in buona sostanza, dei modelli fondamentali presenti in misura diversa nelle persone in grado, come dei semi, di influenzarne la crescita e lo sviluppo.
Al di là di quello che può essere l’aspetto prettamente soggettivo, appare dunque evidente come i numeri non possano essere considerati degli sterili simboli convenzionali per indicare quantità e date ma siano, piuttosto, elementi arcaici in grado di guidare la nostra esistenza all’interno dell’Universo. Le leggi che regolano tale rapporto non sono del tutto chiare e facilmente oggettivabili, ma non possiamo prescindere dalla loro presenza.